Proctologia Genova

Dott. Tommaso Testa

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Cisti Pilonidale

La cisti pilonidale è una malattia frequente nei giovani tra i 14 e 30 anni. Colpisce con una frequenza doppia i soggetti di sesso maschile, raggiungendo nei paesi di area mediterranea il 10% di incidenza. Questa patologia, pur non ponendo a rischio di vita il paziente, rappresenta la causa più frequente di astensione dal lavoro e dalla scuola nella seconda e terza decade di vita! Questa osservazione epidemiologica si deve alla combinazione dei disturbi dovuti alla malattia con gli effetti della terapia chirurgica. 

Il trattamento chirurgico “tradizionale” prevede l’escissione in blocco della cisti e dei tragitti fistolosi che da essa si dipartono. Alla asportazione residua quindi una cavità ellittica più o meno estesa che viene lasciata guarire per seconda intenzione dai chirurghi fautori della tecnica open. L’approccio “aperto”, pur non presentando aspetti tecnici complessi, prevede lunghi tempi di guarigione e la necessità di medicazioni ambulatoriali per periodi prolungati con conseguente debito di ore lavorative o scolastiche oltre ad un risultato estetico finale non soddisfacente.

Nel tentativo di “velocizzare” la guarigione, numerose sono le metodiche “chiuse” proposte, sia attraverso la sutura diretta o mediante la costruzione di lembi (cutanei, dermo-ipodermici o muscolari), +/- associate all’impiego di colle biologiche o derivati piastrinici autologhi. Tutte prevedono una maggiore entità del trauma chirurgico, necessitano di anestesia epidurale o generale e conseguente ricovero ospedaliero. Generalmente si rende indispensabile l’impiego di un drenaggio con dispositivo di raccolta delle secrezioni la cui presenza rappresenta un disagio aggiuntivo per il paziente.

Sussiste sempre il rischio di cedimento o infezione della sutura; ciò comporta modalità e tempistica di guarigione delle procedure aperte. In ogni caso l’aspetto cosmetico finale è spesso deludente, in particolare nelle giovani ragazze, sia a livello del solco intergluteo che nella regione glutea propriamente detta quando si costruiscono lembi cutanei o muscolari. Non sono infrequenti i casi di cosiddetta “ritardata guarigione”: la ferita non si chiude nonostante numerosissime medicazioni e spesso viene escissa chirurgicamente anche più volte nell’idea di trattare malattia residua non compresa nell’asportazione iniziale. In tutti i pazienti sottoposti ad intervento tradizionale non è inoltre trascurabile l’incidenza di recidive. Anche se non è dimostrata una differenza statisticamente significativa tra tecnica aperta e chiusa, quando si deve procedere ad un secondo intervento per recidiva la ferita viene per solito lasciata aperta e la guarigione diventa davvero lunghissima.

In sintesi, chirurgia invasiva o talvolta superinvasiva con risultati clinici fortemente deludenti. La cisti pilonidale è una patologia non congenita ma di natura acquisita: i peli/capelli si comportano semplicemente come un corpo estraneo con conseguente infezione e fistolizzazione. La chirurgia tradizionale di escissione appare pertanto sovradimensionata tanto da portare al suggerimento per gli addetti ai lavori di non “schiacciare una mosca con il martello”. Questa acquisizione culturale non rappresenta una novità assoluta: già nel 1965 Lord e più avanti nel 1980 Bascom hanno proposto mini-escissioni e il trattamento isolato dei tramiti fistolosi. Dopo lungo oblio, solo recentemente da più parti si è fatto ricorso a tecniche mini (e soprattutto meno!) invasive.

 

Tutte sostanzialmente simili nell’evitare grandi escissioni tissutali, impiegano differenti strumenti atti a garantire il minimalismo chirurgico: courette, introduttore di Farrel, carotatore per punch biopsy o finanche fibroscopi rigidi talvolta in associazione con colla di fibrina od agenti sclerosanti (fenolo). In chirurgia la semplificazione è la scelta vincente. La procedura proposta dal dott. Moshe Gips impiega un bisturi circolare utilizzato in dermatologia per eseguire biopsie cilindriche (trephine), in anestesia locale ed ambulatorialmente senza ricovero. La sua ampia casistica (1358 casi) ha risultati clinici molto soddisfacenti: la morbidità da complicanze minori si attesta intorno al 5% mentre la guarigione delle ferite è completa in circa 4 settimane. Le recidive dopo 1 anno sono il 6.5% .

Ho personalmente adottato la metodica dal 2012, seppure con differenti accorgimenti tecnici. Ho operato oltre 200 pazienti, tutti in anestesia locale ed in regime ambulatoriale. I dati di questa esperienza sono in fase di pubblicazione. L’età media dei pazienti è risultata 28 anni con il 70% di soggetti maschi. L’intervento è durato mediamente 18 minuti. La guarigione completa si è registrata nella pressoché totalità dei pazienti entro il primo mese con un controllo ambulatoriale dopo 1,2 e 4 settimane. Ho registrato una sola recidiva nel gruppo dei 122 pazienti controllati allo scadere del secondo anno postoperatorio (0.8%). Anche questa recidiva è stata trattata con Gips.