Proctologia Genova

Dott. Tommaso Testa

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Tumori del retto-ano

I tumori maligni del retto hanno una alta incidenza: 1.5 nuovi casi su 100.000 abitanti secondo i dati del Registro Tumori. Nonostante l’attivazione di programmi di screening su larga scala da parte di numerose ASL sul territorio nazionale, sia attraverso l’esecuzione del test di ricerca del sangue occulto fecale sia mediante l’offerta di indagini colonscopiche su larga scala, ancor oggi la diagnosi è spesso tardiva. Il paziente che ha presentato sanguinamento alla defecazione si autodiagnostica o, purtroppo gli viene diagnosticata, una generica malattia emorroidaria. Solo dopo lunghi cicli terapeutici con pomate e flavonoidi, talvolta di mesi, continuando il sanguinamento, il paziente viene infine sottoposto a visita specialistica con esecuzione di ano/rettoscopia e riscontro della lesione.  

La sintomatologia di esordio è infatti nella grande maggioranza dei casi la comparsa di sangue rosso vivo andando di corpo (proctorragia). Più tardivamente compare il cosiddetto tenesmo rettale, la sensazione cioè di non avere evacuato completamente e di dover frazionare la defecazione, mentre nelle fasi ben più avanzate il tumore può determinare occlusione del lume, dolore da infiltrazione dei plessi nervosi e del sacro, la fistolizzazione in vagina nelle donne. Lo stato nutrizionale del paziente invece non è in genere compromesso.

L’esecuzione di biopsie consente di identificare la natura del tumore distinguendo i più frequenti adenocarcinomi propriamente rettali dalle neoplasie spinocellulari del canale anale. Queste ultime vengono trattate con successo mediante radioterapia associata a chemioterapia e solitamente non necessitano di intervento chirurgico.

La esecuzione di TC (RMN) consente la stadiazione della malattia, valutare cioè la estensione locale del tumore, identificare eventuali metastasi a distanza ed ottimizzare le successive tappe del percorso terapeutico. Talvolta si rende indispensabile l’esecuzione di ecoendoscopia per definire adeguatamente il grado di infiltrazione parietale. Sensibili progressi si sono registrati nella cura di queste neoplasie con particolare attenzione alla qualità di vita dei pazienti. La terapia del tumore del retto necessita di un approccio multidisciplinare che coinvolga chirurgo, radioterapista ed oncologo. I migliori risultati sul piano della sopravvivenza si ottengono sottoponendo i pazienti al cosiddetto trattamento neoadiuvante (radioterapia + chemioterapia preoperatoria) e solo successivamente all’intervento chirurgico. Sia esso eseguito in maniera tradizionale attraverso l’apertura dell’addome oppure con accesso laparoscopico, questo consisterà nella asportazione del retto con il grasso perirettale circostante e le stazioni linfonodali realizzando la cosiddetta TME (total mesorectal excision) che garantisce la sensibile diminuzione delle recidive locali. Grazie alle nuove suturatrici meccaniche (dispositivi simili a pistole che permettono di cucire i monconi intestinali) è possibile evitare in molti casi il confezionamento di una stomia definitiva cioè la necessità di indossare indefinitamente il sacchetto per la raccolta delle feci.

Anche quando ci si troverà di fronte alla presenza di metastasi, siano esse epatiche o polmonari, diagnosticate fin dall’inizio della malattia o scoperte dopo l’intervento chirurgico iniziale grazie ai controlli periodici di follow-up (cioè sincrone o metacrone) esiste un percorso curativo che può prevedere la chemioterapia, terapia immunobiologica, interventi di asportazione chirurgica, con radiofrequenza o attraverso chemioembolizzazione.

Nei casi non più suscettibili di trattamento radicale, le procedure palliative comprendono disostruzione laser, posizionamento di endoprotesi, exeresi locali per via transanale o stomie intestinali.